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Riccio, ricercatore doc

di Giancarlo Maculotti_Graffiti gennaio-febbraio 2020

Triste constatare come un ricercatore morto sia molto più considerato che da vivo. Folla immensa infatti a Esine al funerale di Riccio Vangelisti. Alle presentazioni dei sui scritti quanti avrebbero partecipato? Meno di un decimo sicuramente. Eppure Riccio era Riccio perché aveva la grande passione per la storia e l’antropologia. Quando parlava delle novità trovate in qualche polveroso archivio gli si illuminavano gli occhi e la sua parlantina, di uomo in genere riservato, esplodeva.
Gli sono debitore di molte segnalazioni di documenti originali mai esplorati. Ad esempio quelli sulla scuola viciniale di Cividate (1761). Quelli sull’introduzione della patata in Valle Camonica (1817-1818) che furono anche oggetto di una sua relazione agli Incontri Tra/montani in Val Sesia.
L’accettazione della patata fu impresa di non poca difficoltà in una valle legata alle sue tradizioni e molto diffidente verso tutto ciò che era considerato ancora straniero nonostante fossero passati più di tre secoli dalla scoperta dell’America. Assieme a Bianchi e a Macario ha pure pubblicato il prezioso volume sugli Antichi originari di Prestine. Per i bollettini parrocchiali ha indagato sulle Vicinie, soprattutto su quella di Cividate. 

Ci sono voluti anni di fatica e di autoformazione costante per creare un uomo come Riccio. La passione non basta. Ci vogliono competenza e intuizione. I documenti importanti per capire la nostra storia (che non è solo locale: è nazionale e internazionale!) non vengono a cercarti. Bisogna maturare nel tempo la capacità di trovarli. Non basta esplorare archivi. Bisogna sapersi orientare.
Riccio navigava tra le antiche carte come un nocchiero naviga tra i flutti imprevedibili.
I suoi lavori sui Catasti napoleonici (1811) e austriaci di molti comuni valligiani, condotti in accordo con l’architetto Bianchi e con Macario, segnano tappe importanti sulla conoscenza più approfondita dell’evoluzione delle nostre municipalità. Le sue ricerche hanno spaziato in molti campi poiché gli
interessi di Riccio non erano monotematici. Si è occupato di tradizioni riguardanti l’abbigliamento, la gastronomia (proverbiale la sua lezione al Circolo Ghislandi sulle Mariconde!), sulle organizzazioni amministrative, sulla stampa d’epoca, sull’agricoltura, sulla diaristica, sulla religiosità popolare, sulla prima guerra. Proprio su quest’ultimo tema ha pubblicato con Goldaniga la storia dell’aeroporto
militare di Cividate durante la grande guerra. Storia di pionieri del volo che era stata quasi cancellata, come è stato cancellato l’aeroporto ancor prima dell’insediamento industriale nella Prada.
Negli ultimi anni ha organizzato escursioni culturali “extravaganti” di cui andava particolarmente fiero perché raccoglievano un seguito molto gratificante. Camminate in media valle come esplorazione del territorio alla ricerca dei segni nascosti che ci dicono degli usi e dei costumi e delle diverse concezioni che nel passato ha avuto il nostro ambiente. Riccio era pienamente cosciente
che il paesaggio è una costruzione culturale del Sapiens e non ha quasi più nulla di naturale. Nemmeno il bosco. Nemmeno i pascoli.
Da sempre colonna del Circolo Culturale Ghislandi e membro del direttivo è divenuto il naturale custode dell’Archivio di Cividate, che conosceva come le sue tasche, avendo collaborato al suo riordino e al suo studio. Se qualche studioso cercava un documento la risposta scontata era: si rivolga a Riccio. Ora mancherà non solo a noi suoi amici. Mancherà alla valle. E creare dal nulla
un altro Riccio sarà impresa oltremodo difficile.
Dio del cielo. Un nostro amico hai chiesto alla montagna. Noi ti preghiamo: lascialo continuare l’eterna ricerca sul senso della vita. Sempre che esista. E sul non-senso della morte. Una certezza.

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