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Anna Kuliscioff – I diritti delle donne

Anna Kuliscioff - I diritti delle donne

È stata definita “il miglior cervello del socialismo italiano” e “un pugno di ferro in un guanto di velluto”. Per le femministe milanesi era “la zarina Anna” e per la Milano proletaria “la dottora dei poveri”.

Ma per molte giovani dell’epoca era semplicemente un mito. Ad Anna Kuliscioff  “Il Tempo e la Storia”il programma di Rai Cultura condotto da Massimo Bernardin. Ospite del programma, la professoressa Silvia Salvatici ripercorre la sua storia, legata al movimento anarchico internazionale e al socialismo italiano, negli anni della belle époque.

Esule russa rifugiata in Svizzera, la Kuliscioff fa sua la causa del socialismo italiano dopo l’incontro con l’allora anarchico, ma futuro primo deputato socialista alla Camera, Andrea Costa, insieme al quale avrà una figlia.

Ma diventa protagonista della scena politica del nostro Paese solo dopo l’incontro con Filippo Turati, che deve al sostegno teorico e psicologico della compagna il suo ingresso in politica. Insieme i due fondano nel 1891 la rivista “Critica Sociale” e, l’anno seguente, il Partito dei Lavoratori Italiani, che, qualche anno dopo, cambierà nome in Partito Socialista.

Anna Kuliscioff è ricordata anche come un pilastro del movimento femminile italiano, grazie ai suoi scritti, alle sue battaglie e alle sue scelte di vita, che coniugano l’attività politica con una laurea in medicina, il lavoro di ginecologa e una figlia cresciuta fuori dal matrimonio.

La Conferenza sul “Monopolio dell’uomo”da lei tenuta nel 1890 al Circolo Filologico Milanese (in cui era al tempo preclusa l’iscrizione alle donne) può essere considerata il “Manifesto della questione femminile italiana” che pone sotto una nuova luce, anche per gran parte dei socialisti del tempo, la questione della subordinazione femminile nella società e nella famiglia, negando che sia un fatto naturale antropologico. Solo il lavoro sociale, retribuito al pari dell’uomo, può portare la donna alla conquista della libertà, della dignità e del rispetto; senza questo il matrimonio non fa che umiliarla in un dramma che le toglie la dignità e l’indipendenza. Netto è il suo distacco dal “femminismo” che considera un fenomeno borghese.

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