Con la legge 26 novembre 2010 n° 199, in G.U. del 1° dicembre e in vigore da domani (15 dicembre), è stato dato un ulteriore colpo al principio della certezza della pena e quindi della legge.
Mentre si martirizzano con inflessibile durezza gli automobilisti colpevoli di aver bevuto due bicchieri di vino o di birra, l’articolo 1 della predetta legge stabilisce che i condannati o i carcerati che devono scontare (a scontare ancora) non più di 12 mesi di detenzione potranno godersela a casa propria “o in qualche altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza”. Dal beneficio rimarranno esclusi soltanto i condannati per reati di eccezionale gravità e pericolosità. Con questo “ritocco” il sistema penalistico italiano compie un ulteriore passo nella direzione della beffa nei confronti delle vittime del crimine (passo che nulla ha a che vedere con la giusta preoccupazione della umanizzazione della pena, tanto cara agli illustri Beccaria e Zanardelli), mentre tutt’intorno non si finisce di blaterare di “tolleranze zero”, “ronde civiche” e “autodifesa” del cittadino. La normativa in vigore precludeva già l’accesso al carcere ai condannati fino a tre anni (e sapete quanti disastri si possono fare per rimediare una pena del genere?!?!); l’ergastolo è ormai un vocabolo svuotato di ogni significato, dato che dopo neanche trent’anni si torna fuori e l’Italia è piena di ex-delinquenti, ex-terroristi ed ex qualcos altro, colpevoli di delitti efferati e plurimi che se ne vanno in giro tranquilli e beati, dopo aver commutato anni di carcere con l’affidamento ai servizi sociali, ecc. ecc.
Morale della favola: dopo l’indulto di Prodi eccoci l’indultino mascherato di Berlusconi. La giustificazione è sempre la stessa: le carceri scoppiano. I carcerati sono troppi. Ma può un Paese andare avanti così?!
Pier Luigi Milani