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Acqua pubblica: la Corte Costituzionale smentisce i privatizzatori.

Con sentenza n° 325 del 17 novembre 2010, la Corte Costituzionale, pur dichiarando infondato o inammissibile il ricorso presentato dalla Regione Puglia e altre regioni contro il decreto Ronchi sulla privatizzazione dei servizi pubblici locali (tra cui quello idrico), ha fornito ottimi argomenti in più alla battaglia per la difesa dell’acqua e degli acquedotti in mani pubbliche e al referendum su cui dovrà pronunciarsi a breve.

La sentenza ha dato uno stop alle leggi regionali in materia (attenzione quindi a quella lombarda!) e ha sgomberato il campo da una serie di luoghi comuni utilizzati dai fautori delle privatizzazioni per sostenere la battaglia volta ad affermare che l’acqua potabile è un bene commerciale.

In particolare, la Consulta (o Corte Costituzionale) ha smentito l’argomento secondo cui la scelta del mercato nei servizi pubblici locali sarebbe IMPOSTA dalla normativa europea.

Al paragrafo 6 della pronuncia si legge infatti che “La normativa comunitaria ammette (.. la gestione diretta da parte degli enti pubblici … – Ndr.) nel caso in cui lo Stato nazionale ritenga che l’applicazione delle regole di concorrenza ostacoli la <<speciale missione>> dell’ente pubblico“.

In pratica non esiste alcun veto di Bruxelles alla gestione pubblica del servizio.

Quanto alla “speciale missione” la Corte ha detto che l’Europa consente che la gestione resti pubblica, al contrario del decreto Ronchi (ministro già del Pdl e ora di Futuro e Libertà) che impone la strada delle privatizzazioni solo quando conviene al privato e non al pubblico.

Tale decreto ha preso le mosse dal 2001, quando si stabilì che la gestione diretta degli acquedotti o di altri servizi fosse sostituita dalla formula “in house” (gestione da parte di una società a maggioranza o totale partecipazione pubblica).

La strada era segnata e si è visto.

L’Unione europea consente -dice la Corte – ma non pretende come obbligatoria quella strada e, nel contempo, ci dice che solo rimuovendo le disposizioni di nove anni or sono sarà possibile un decisivo cambio di orientamento

Ecco perchè il Referendum rappresenta un idoneo strumento alla rimozione di quelle disposizioni normative.

Il Circolo Ghislandi ha aderito al Comitato per la difesa dell’acqua pubblica e sostiene la battaglia anche mettendo a disposizione questo sito.

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